martedì 18 novembre 2008

La mafia in mezzo a noi /2

Il convegno a cui ho avuto modo di partecipare, come già detto, mi ha dato l'opportunità di ascoltare le testimonianze del fratello di Paolo Borsellino (e già solo per questo valeva la trasferta in quel di Ferrandina) ma non solo.
Il dibattito, infatti, prendendo spunto dal racconto della mafia con la "M" maiuscola, ha poi interessato e descritto i risvolti e le vicende locali lucane, intrise di mafia pur non essendo etichettate come tali agli occhi dell'opinione pubblica. A partire dal malfunzionamento della macchina giudiziaria materana e potentina per finire ai reati "di associazione mafiosa per diffamazione a mezzo stampa" passando attraverso le minacce e le intimidazioni a carico di chi si batte contro il racket e l'usura. Andiamo per ordine, qualche spunto di riflessione interessante che ho annotato sul mio moleskine.

Nicola Piccenna, giornalista de "Il resto" e redattore del blog su "Toghe Lucane":
"All'inaugurazione dell'anno giudiziario a Matera il solo Maurizio Bolognetti ha avuto il coraggio di intervenire e rompere il velo ipocrita denunciando e constatando che tanto gli illustri magistrati sul palco quanto gli illustrissimi politici e le autorità ospiti delle prime file fossero tutti, sia pur a diverso titolo, indagati per reati definibili gravi, non bazzecole: il gelo è calato sulla consapevole assemblea."

Avv. Leonardo Pinto:
"Quando ci si incontra in occasioni come queste ci si chiede cosa sia la legalità: la legalità è il potere di chi non ha potere, è quella possibilità di accedere alle istituzioni con fiducia, di avere un giudice terzo e imparziale, di avere un primario competente in ospedale, un assessore che ascolta e lavora per il cittadino senza che questo debba per forza chinarsi.
E' importante riunirsi, discuterne e denunciare: è fondamentale. Ma è necessario che la macchina della giustizia sia garante del sistema, che tuteli i diritti dei cittadini tutti.
Dobbiamo affermare il diritto di poter liberamente parlare di tutto e di tutti in qualsiasi pubblica piazza, senza alcuna remora. E chiedere che un tribunale faccia il suo dovere.

Vincenzo Montemurro, Magistrato della Direzione distrettuale antimafia della Basilicata:
"Il solo dovere della magistratura è quello di essere soggetto alla legge e di lavorare e di amministrare la giustizia in nome e per conto del popolo.
Nell'indagine "Toghe Lucane" vi sono accuse di mercimonio della professione di magistrati e pubblici ministeri inaccettabili in uno stato di diritto e ha il grandissimo merito di dimostrare che un magistrato non è intoccabile, e lì dove sbaglia deve pagare.
Il caso De Magistris e le ispezioni inviate da Mastella testimoniano un vizio del potere esecutivo, il tentativo di sottrarsi al controllo. Ed è, questo, un sistema sottile per ammazzare senza sparare.
C'è poi una considerazione sull'etica che riguarda tutti: prima di chiedere e rivendicare diritti occorre che ciascuno di noi eserciti il proprio dovere, anche qualora questo sia doloroso per se e per i prossimi.
Ai ragazzi organizzatori del convegno poi: non demoralizzatevi se le prime file dei teatri in queste occasioni rimangono deserte, quelli sono i posti convenzionalmente riservati alle autorità, ai politici lucani. Se non vengono è perchè non possono ascoltare le vostre verità: gli affari illeciti abbisognano di silenzio.

Don Basilio Gavazzeni che presiede la Fondazione Lucana Antiusura “Mons. Cavalla”:
E' difficile spiegare alla comunità un caso sottile con "Toghe Lucane", la gente è difficilmente attenta, ma bisogna sforzarsi di farlo, non si può rimanere indifferenti e credere che "non mi tocchi".
Uno dei principi fondanti della libertà cristiana e laica è riassumibile nel "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio".
Da quando l'uomo ha buttato via "Cesare che si faceva Dio e Dio che si faceva Cesare " è diventato finalmente libero e fermo nella legalità e nel rispetto. Sono queste le parole che devono arrivare alla gente.
Oggi sono il presidente di un'associazione antiusura a 63 anni quando non volevo esserlo già a 46 perchè pensavo fossi vecchio: non c'è ricambio, non c'è coraggio anche perchè il peso delle intimidazioni è forte, soprattutto lì dove manca la garanzia e la tutela individuale e collettiva. Posso testimoniare con la mia diretta esperienza di esser stato sotto schiaffo della malavita e della malagiustizia per 7 lunghissimi anni. Ma deve passare un messaggio di speranza.


E' difficile immaginare un mondo molto diverso da questo soprattutto a breve termine , ma val la pena di sottolineare che il mondo non cambia se noi continuiamo a voltar la testa da un'altra parte.

Le parole di Gandhi riassumano il senso di questo post:
"Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo."




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