domenica 25 ottobre 2009

Di ritorno da L'Aquila

Appunti dalla mia seconda esperienza nelle zone terremotate

Poco è cambiato, troppo poco, direi.
E' vero, arrivando a L'Aquila si nota subito lo sfavillio delle case appena ultimate e consegnate.
Se mi avessero catapultato sulla Terra e non conoscessi i fatti l'avrei quasi scambiato per un luna park. E invece sono i 400 appartamenti realizzati e consegnati da poco, illuminati a giorno per "mostrarli" al mondo più che per necessità.

Per il resto tende ancora sparse qua e là esattamente come 3 mesi fa.
Il freddo la fa da protagonista.
Alla consueta escursione termica a cui ero preparato psicologicamente si sono aggiunte la neve e il ghiaccio mattutino.
Non deve essere affatto facile per le popolazioni colpite da questa disgrazia.

Mi sono fermato a scambiare due parole con gli ultimi abitanti del campo base di Barisciano, a pochi metri dal campo dei Vigili del Fuoco: un simpatico anziano mi ha invitato nella sua tenda blu. Ormai vuota, con una brandina in un angolo e la stufetta elettrica vicino. Mi ha detto che è rimasto solo, la famiglia che stava con lui ha avuto un appartamento in affitto, lui aspetta di sapere se la sua casa sarà buttata giù o meno e mi ha spiegato che per difendersi dal freddo si è confinato in un angolo per non disperdere il calore. Sorride, ce la farà, mi dice, ha indosso un cappotto appoggiato sulle spalle ma gira in manichine. E' un uomo forte, si vede! Non oso nemmeno chiedergli cosa ha passato quella notte. Sorride e già questo ne fa un eroe ai miei occhi.

I Vigili del Fuoco e la protezione civile?
Ridotti nel numero sicuramente, ma comunque presenti.
E a chiacchierare nel campo base dove ho prestato servizio pare che la presenza dei Vigili sia ormai più che altro "istituzionale".
Un segno di presenza dello Stato più che una effettiva opera di sostegno alle popolazioni.

I puntellamenti sono ormai fatti, le ordinanze di demolizione tardano ad arrivare.
Si procede a fare prevalentemente lavori di copertura di tetti lesionati e sfondati e qualche recupero di beni per gli immobili in procinto di essere buttati giù.

Sorge a tutti il dubbio sulla immensità della spesa pubblica per la proiezione di un'immagine:
lo Stato c'è...

...mah...

...forse gli stessi soldi possono essere impiegati meglio, forse non è più il caso di mantenere un apparato così imponente in quelle zone, forse è il caso che la politica lasci il posto ai "manovali"

La drammaticità, guardando per un attimo avanti e non alle tragedie passate, è nella tristezza che si percepisce attraversando la zona rossa del centro de L'Aquila città.

Immutata a sei mesi dal sisma, transennata e presidiata dallo Stato, immobile e in ginocchio.

Un centro che era (e si spera debba tornare ad esserlo) il cuore pulsante di un'economia basata sull'Università (dislocata in periferia e in calo vistoso di iscrizioni), sugli studenti, sulle cartolibrerie, sui negozi e sui locali.
Tutto fermo.

La ricaduta di questo brusco stop, sia pur immaginando una città riconsegnata agli aquilani già domani mattina, sarà negativa e porrà seri interrogativi sull'effettiva rinascita a medio termine.
Tornare a passeggiare sotto i portici potrebbe non significare affatto tornare a vivere.

Mi è capitato tra le mani un giornalino locale, un'edizione quindicinale.
Il titolo di uno degli articoli era:
"Vivevo in un paradiso e non me ne rendevo conto."

Mi sono fermato a riflettere e chiudendo gli occhi ho pensato e goduto del paradiso in cui vivo io...e subito dopo mi sono vergognato per questo istinto egoista.

Su un mezzo vecchio e malandato (come la maggior parte del parco mezzi dei bistrattati pompieri) ma di grande supporto all'attività dei Vigili del Fuoco di Matera è attaccato un manifestino che recita così:

Rialzati L'Aquila!

E speriamo che i riflettori non si accendano solo quando arriva sua maestà il Berlusca o sua eminenza Bertolaso.

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