venerdì 27 febbraio 2009

pensiero corrotto

Ascoltando Gomez, autore con Travaglio e Lillo del libro BAVAGLIO che ho letto mesi or sono, mi ha colpito molto una sua affermazione che tuttavia non riesco a far mia, pur comprendendo le motivazioni e le ragioni che sottendono l'asserzione

secondo Gomez "il Parlamento non è lo specchio della nostra società, non rappresenta il popolo italiano"

bè, devo dire che non sono del tutto concorde

anzi, se devo dirla tutta mi sto sempre più convincendo che invece "siamo ciò che critichiamo, nella peggiore delle ipotesi, o siamo ciò che facciamo finta di non vedere e denunciare , nella migliore"

non c'è ambito, settore, occasione pubblica o privata in cui non mi stia capitando di incontrare "qualcuno di viscido, di urticante", gente pronta a lavorare solo per se stesso o per la propria parrocchia, tanto scaltra da assecondare e distorcere la realtà al fine di motivare e dar forza alla propria posizione a prescindere dalla legittimità della stessa, come se fosse irrilevante

per non parlare poi della fenomenologia del conflitto di interessi diffuso, tollerato e assecondato, fonte di potere, reddito e paradossalmente di riconoscenza, stima e persino di processi di beatificazione

non è riduttivo dire che in Parlamento c'è gente che non ritiene l'interesse generale come primario, senza dover per forza quantificarne una percentuale ma forse il problema reale è che non è "il Parlamento" IL problema, o meglio non è SOLO il Parlamento a rappresentare IL problema

sempre più spesso mi sento rispondere:
"anche se non condividi lo sai che funziona così, no?"

come se tutto debba scorrere così perchè fino ad oggi è andata così e a qualcuno è andata persino meglio di quanto potesse legittimamente aspettarsi
"che ci vuoi fare?"

manca sempre di più la volontà di vedere le cose da un altro punto di vista magari anche solo per arricchire un dibattito, non per fare per forza l'avvocato del diavolo: la democrazia non è un gioco delle parti

così ci si accorge che, anche nella quotidianeità, è più facile conformarsi ed amministrare l'esistente e diventa pertanto più conveniente aderire che scostarsi, abbiamo altro a cui pensare, altro a cui dedicare il nostro tempo produttivamente
e così si finisce per accettarlo come ovvio e inevitabile, e di questo passo si scivola irrimediabilmente verso la morte della democrazia, utopia di autogoverno consapevole della gente comune

ma non è riduttivo affermare che questa è, ahimè, la regola a TUTTI i livelli, dall'amministrazione dello Stato alla piccola sede di partito di provincia, passando per il sindacato in ufficio e l'assemblea dei condomini

c'è sempre il mediocre di turno che è pronto ad affermare "è una scelta obbligata, dettata dalla congiuntura, da fattori ambientali esterni che non ci lasciano scelta, che ci vuoi fare..."
mai un atto di coraggio, un tentativo di legger le cose da un altro punto di vista, di fornire un'alternativa, di tentare un'altra strada

e così, corrotto il pensiero, si vanifica lo sforzo anche di chi prova a cambiare il mondo

il riformismo è sempre più minoranza in questo paese, è un fenomeno di nicchia, non va al di là di un'etichetta o di un manifesto elettorale...
nei fatti è impraticabile, strozzato da un conformismo e da un'inerzia spesso dolosi

e allora, alla luce di queste considerazioni che minano le fondamenta "ottimiste" e "buoniste" del mio sentire, mi chiedo se davvero non abbiano ragione coloro i quali intendono provare a sovvertire l'ordine delle cose "senza se e senza ma", "senza destra nè sinistra", "senza l'etichetta o il buon senso", provando a scuotere le coscienze e catalizzando attenzione a prescindere dalla vendita di dvd, di libri e da spettacoli da "industria del dissenso"

è una riflessione difficile, in fondo sono un utopista e per me la parola ideologia ha ancora un senso, ma carpisco segnali negativi intorno a me

mi chiedo: e se del mondo attuale non avessi davvero capito ancora nulla?

imbattersi poi, in una lettura di questa portata, non fa che destabilizzare ulteriormente le mie "certezze"

sono il solo a cui questo studio mette paura?
non c'è modo di uscire da questo circolo involutivo vizioso?

le mie sono farneticazioni da confusione...le definirei così...
sono confuso e quindi farnetico

Al di là delle apparenze, il dubbio non è affatto il contrario della verità. In un certo senso, ne è la ri-affermazione. È incontestabile che solo chi crede nella verità può dubitare, anzi: dubitarne. (Gustavo Zagrebelsky)


beato colui che non ha dubbi (?)

giovedì 26 febbraio 2009

dicotomie umorali

oggi è un giorno strano

mi ha accarezzato la vita...mi ha schiaffeggiato la morte

tutto in un sol giorno

quasi a volermi ricordare che la vita è sì meravigliosa ma anche immensamente fragile

lunedì 23 febbraio 2009

Sale l'attesa


questa settimana il primo step : l'acquisto
a metà marzo il secondo step: il tagliando
a luglio il terzo step: l'evento

le cose vanno programmate...ma aspettare è dura!

mercoledì 11 febbraio 2009

Zagrebelsky

Un punto di riferimento...non aggiungo altro

fonte : il sito di Repubblica

Se il potere nichilista
si allea con la Chiesa del dogma

L'Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, ha definito Beppino Englaro "un boia". Credo che debba partire da qui, da un insulto atroce, il colloquio con Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale.

Beppino Englaro, "un boia"?"
In un caso controverso dove sono in gioco dati della vita così legati alla tragicità della condizione umana è fuori luogo usare un linguaggio violento, così impietoso, così incontrollato, così ingiusto. Non ho ascoltato, sul versante opposto, che vi sia chi ragiona dell'esistenza di un "partito della crudeltà" opposto a "un partito della pietà". Credo che in vicende così dolorose debbano trovare espressione parole più adeguate e controllate, più cristiane".

E tuttavia, presidente, i toni accusatori, le accuse così aggressive e definitive sembrano indicare che cosa è in gioco o a contrasto nel caso di Eluana Englaro. I valori contro i principi, la verità contro il dubbio. Questioni da sempre aperte nelle riflessioni dei dotti che avevano trovato, per così dire, una sistemazione condivisa nella Costituzione italiana. Che cosa è accaduto? Perché quell'equilibrio viene oggi messo di nuovo in discussione dopo appena sessant'anni?
"Le posizioni in tema di etica possono essere prese in due modi. In nome della verità e del dogma, con regole generali e astratte; oppure in nome della carità e della com-passione, con atteggiamenti e comportamenti concreti. Nella Chiesa cattolica, ovviamente, ci sono entrambe queste posizioni. Nelle piccole cerchie, prevale la carità; nelle grandi, la verità. Quando le prime comunità cristiane erano costituite da esseri umani in rapporto gli uni con gli altri, la carità del Cristo informava i loro rapporti. La "verità" cristiana non è una dottrina, una filosofia, una ideologia. Lo è diventata dopo. Gesù di Nazareth dice: io sono la verità. La verità non è il dogma, è un atteggiamento vitale. Quando la Chiesa è diventata una grande organizzazione, un'organizzazione "cattolica" che governa esseri umani senza entrare in contatto con loro, con la loro particolare, individuale esperienza umana, ha avuto la necessità di parlare in generale e in astratto. È diventata, - cosa in origine del tutto impensabile - una istituzione giuridica che, per far valere la sua "verità", ha bisogno di autorità e l'autorità si esercita in leggi: leggi che possono entrare in conflitto con quelle che si dà la società. Chi pensa e crede diversamente, può solo piegarsi o opporsi. Un terreno d'incontro non esiste. ".

Che ne sarà allora dell'invito del capo dello Stato a una "riflessione comune" ora che il parlamento affronterà la discussione sulle legge di "fine vita"?
" Una legge comune è possibile solo se si abbandonano i dogmi, se si affrontano i problemi non brandendo quella verità che consente a qualcuno di parlare di "omicidio" e "boia", ma in una prospettiva di carità. La carità è una virtù umana, che trascende di gran lunga le divisioni delle ideologie e dei credi religiosi o filosofici. La carità non ha bisogno né di potere, né di dogmi, né di condanne, ma si nutre di libertà e responsabilità. Dico la stessa cosa in altro modo: un approdo comune sarà possibile soltanto se prevarrà l'amore cristiano contro la verità cattolica".

Lo ritiene possibile?
"Giovanni Botero nella sua Della Ragione di Stato del 1589 scriveva, a proposito dei Modi di propagandar la religione: "Tra tutte le leggi, non ve n'è alcuna più favorevole a' Prencipi, che la Christiana: perché questa sottomette loro, non solamente i corpi e le facoltà de'sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri". Botero era uomo della controriforma. Purtroppo, c'è chi pensa ancora così, tra i nostri moderni "prencipi". Essi potrebbero far loro il motto di un discepolo di Botero che scriveva: "questa è la ragion di stato, fratel mio, obbedire alla Chiesa cattolica". Ora, se l'obbedienza alla Chiesa cattolica è la ragion di stato, è chiaro che i laici non troveranno mai un approdo comune con costoro.

Dobbiamo allora credere che il conflitto di oggi tra mondo laico e mondo cattolico, che ha accompagnato il calvario di Eluana, segnali soprattutto la fine della riflessione del Concilio Vaticano II e, per quel che ci riguarda, la crisi di quella "disposizione costituzionale" che è consistita, per lo Stato, nel principio di laicità contenuto nella Costituzione, e per la Chiesa nella distinzione tra religione e politica?
"Il Concilio Vaticano II ha rovesciato la tradizione della Chiesa come potere alleato dello Stato, ha voluto liberarla da questo legame tutt'altro che evangelico. Non si propose di proteggere o conservare i suoi privilegi, ancorché legittimamente ricevuti, e invitò i cattolici a un impegno responsabile nella società, uomini con gli altri uomini, con la fiducia riposta nel libero esercizio delle virtù cristiane e nell'incontro con gli "uomini di buona volontà", senza distinzione di fedi. Fu "religione delle persone" e non surrogato di una religione civile. Il cattolicesimo-religione civile sembra invece, oggi, essere assai gradito per i vantaggi immediati che possono derivare sia agli uomini di Chiesa che a quelli di Stato".

Ieri mentre finiva l'esistenza di Eluana Englaro e il Paese era scosso dalle emozioni, dalla pietà e, sì, anche da una rabbia cieca, dieci milioni di italiani hanno voluto vedere il Grande Fratello. E' difficile non osservare che l'artefice della macchina spettacolare televisiva del reality e di ogni altra fantasmagorica vacuità - capace di distruggere ogni identità reale, alienare il linguaggio, espropriarci di ciò che ci è comune, di separare gli uomini da se stessi e da ciò che li unisce - è lo stesso leader politico che pretende di dire e agire in nome dell'Umanità, della Vita, addirittura della Verità e della Parola di Dio. Le appare più tragico o grottesco, questo paradosso? Come spiegarsi la dissoluzione di ogni senso critico dinanzi a questo falso indiscutibile?
"Non è questo il solo paradosso. Non è la sola contraddizione che si può cogliere in questa vicenda. Il mondo cattolico enfatizza spesso il valore della dimensione comunitaria della vita, soprattutto nella famiglia. E' la convinzione che induce la Chiesa a invocare a gran voce la cosiddetta sussidiarietà: lo Stato intervenga soltanto quando non esistono strutture sociali che possono svolgere beneficamente la loro funzione. Mi chiedo perché, quando la responsabilità, la presenza calda e diretta della famiglia, nelle tragiche circostanze vissute dalla famiglia Englaro, dovrebbero ricevere il più grande riconoscimento, la Chiesa - con una contraddizione patente - chiude alla famiglia e invoca l'intervento dello Stato; alla com-passione di chi è direttamente coinvolto in quella tragedia, preferisce i diktat della legge, dei tribunali, dei carabinieri. Sia chiaro: lo Stato deve vigilare contro gli abusi - proprio per evitare il rischio espresso dal presidente del consiglio con l'espressione, in concreto priva di compassione, "togliersi un fastidio" - ma osservo come la legge che la Chiesa chiede assorbe nella dimensione statale tutte le decisioni etiche coinvolte: questo è il contrario della sussidiarietà e assomiglia molto allo Stato etico, allo Stato totalitario".

Lei è il primo firmatario di un appello che ha per titolo Rompiamo il silenzio. Vi si legge che "la democrazia è in bilico". Le chiedo: può una democrazia fragile, in bilico appunto, reggere l'urto coordinato di un potere politico invasivo e senza contrappesi e di un potere religioso che agita come una spada la verità?
"Oggi la politica è succuba della Chiesa, ma domani potrebbe accadere l'opposto. Se la politica è diventata - come mi pare - mezzo al solo fine del potere, potere per il potere, attenzione per la Chiesa! Essa, la Chiesa del dogma e della verità, può essere un alleato di un potere che oggi ha bisogno, strumentalmente, di legittimazione morale. Il compromesso convince i due poteri a cooperare. Ma domani? Il potere dell'uno, rafforzato e soddisfatto, potrebbe fare a meno dell'altra. ".

Qual è l'obiettivo del suo appello?
"'Rompiamo il silenziò è già stato sottoscritto da centosessantamila cittadini. È la dimostrazione che, per fortuna, la nostra società non è un corpo informe, conserva capacità di reazione. L'appello ha tre ragioni. E' uno sfogo liberatorio, innanzitutto: devo dire a qualcuno che non sono d'accordo. E' poi un autorappresentarsi non come singoli, ma come comunità di persone. Il terzo obiettivo è rendersi consapevoli, voler guardare le cose non in dettagli separati, è un volersi raffigurare un quadro. A volte abbiamo la tendenza a evitare di guardare le cose nel loro insieme. E' quasi un istinto di sopravvivenza distogliere lo sguardo dalla disgrazia che ci può capitare. L'appello prende posizione. Si accontenta di questo. Se mi chiede come e dove diventerà concreta questa presa di coscienza, le rispondo che ognuno ha i suoi spazi, il lavoro, la scuola, il partito, il voto. Faccia quel che deve, quel che crede debba essere fatto per sconfiggere la rassegnazione".
(11 febbraio 2009)

lunedì 9 febbraio 2009

Che Dio li perdoni?

Che Dio li perdoni

ma che Dio perdoni anche chi si cura così tanto della carne e così poco dell'anima
che perdoni chi usa strumentalmente queste vicende intime e riservate
che perdoni chi piega la religione e la fede al proprio volere
che perdoni chi si batte per la vita di una donna oggi e non si adopera per la pace tra i popoli (anzi)

se Dio c'è che perdoni l'uomo in quanto tale

e lasciamo la famiglia di questa povera donna al suo dolore, in silenzio

Una favola da non perdere Parte 3

Il tanto atteso incontro/scontro tra gli enti sottoscrittori della convenzione è finalmente avvenuto. Almeno questo risultato è stato conseguito e probabilmente non ci fosse stata una scossa da parte della società civile non avremmo visto nemmeno questo colpo di coda.
Inutile sottolineare, tuttavia, come il solito teatrino del "gioco delle parti" sia andato in scena.
Ciascuno ha scaricato su altri le responsabilità, e cosa ci si poteva attendere.
E' una storia già vista, già scritta.

Ma qualche decisione e qualche iniziativa bisognava intraprenderla.
E fortunatamente qualcosa si è mosso:

a) La Regione, la Provincia e il Comune chiederanno un incontro congiunto con il Ministro Bondi per chiedere con forza un impegno formale affinchè il progetto non venga scippato alla città di Matera per assecondare la politica (quella con la p minuscola)...
...e speriamo, non voglio dire altro

b) il Comune, nella figura onnipresente (o onnivora, come l'ho sentita definire da un illustre personaggio locale) del sig. Sindaco E.N.Buccico ha manifestato la volontà di destinare locali alternativi allo stabile della zona Paip precedentemente individuato sia pur transitoriamente e temporaneamente per permettere quantomeno la partenza dei corsi dei formatori

c) si è formalizzato un impegno per andare a "rimodulare" la Convenzione, permettendo così ai tecnici di ridefinire le specifiche e i progetti delle strutture interessate e rivedere poi le scadenze

sembra un buon risultato, sia pur temporaneo e speriamo non effimero, fin qui le buone notizie

in realtà fa specie dover constatare come la "politica" si sia improvvisamente trasformata da carnefice in salvatrice

fino a ieri (fino al giorno in cui, cioè, qualcuno non ha sbandierato ai quattro venti il rischio che la burocrazia e la malapolitica stavano scippando la città di Matera di un'opportunità) tutti dormivano, ciascuno attendeva gli eventi senza minimamente svolgere la funzione di controllo sulla vicenda pur essendone titolato

poi, oggi e domani, tutti giù a lanciar agenzie di stampa e comunicati vari per attribuirsi meriti (e speriamo sian tali!) per aver salvato la baracca

le responsabilità dell'inerzia e delle lotte politico/partitiche alle spalle dei cittadini sono invece FATTI CONCRETI e la propaganda lascia il tempo che trova, soprattutto in questa fase pre-elettorale

a noi, comunque, interessano gli sviluppi della vicenda, la sezione distaccata dell'ICRS è importante e merita il massimo dell'attenzione mediatica e una maggiore partecipazione democratica

speriamo di non dover scrivere un'altra pagina di "lacrime versate" per assecondare gli interessi personali di questo o di quel politicante

attendiamo gli eventi, la città di Matera merita di svolgere un ruolo e di sperare in un futuro più roseo al di là delle ambizioni/aspirazioni di questo o quel signorotto, vigileremo

Puntate precedenti:
Una favola da non perdere
Una favola da non perdere Parte 2

venerdì 6 febbraio 2009

Una favola da non perdere Parte 2

Un paio di aggiornamenti sulla questione "Scuola Superiore del restauro a Matera"

- Rinascita Civile (associazione a cui appartengo), Città Plurale e SassiKult hanno pubblicamente espresso il rammarico e la preoccupazione per i risvolti che la questione sta assumendo con un comunicato stampa


- Siamo stati invitati ad esporre i contenuti dall'emittente locale TRM, e durante la trasmissione "Cucù" abbiamo espresso le nostre idee (qui i due servizi trasmessi dall'emittente in occasione della presentazione di ottobre 2008 e sullo stato attuale dei locali da destinare alla sede)

- Durante la trasmissione è intervenuto telefonicamente il presidente della Provincia di Matera, Nigro, che ha in primis declinato qualsiasi responsabilità (e te pareva), ha poi sottolineato che lunedì prossimo si svolgerà un importante incontro presso la Regione Basilicata proprio su questo tema (pensa te che coincidenza) e affermato, infine,che nella convenzione stipulata non vi è alcun vincolo temporale relativamente agli adempimenti da compiere (ma allora non si capirebbe perchè sarebbe stata indicata una data di consegna dei locali per il 9 Marzo 2009 proprio nella convenzione stessa)

La situazione è questa, aspettiamo fiduciosi la riunione di lunedì al termine della quale il presidente della Provincia si è impegnato a fornire i dettagli e le evoluzioni della vicenda alla stampa. Già questo è un risultato visto che ad oggi NULLA è trapelato dalle stanze dei bottoni, il nulla!

Le considerazioni sulla carenza di "partecipazione democratica" in questa come in altre occasioni, sulla mancanza di trasparenza da parte dei vari palazzi di Governo, sul ruolo della "politica", citata a mò di parafulmine dallo stesso Nigro durante l'intervento telefonico, lascino il passo, per ora, all'attesa per l'esito di questa riunione, speriamo davvero risolutiva.

La speranza è l'ultima a morire!
Per le polemiche speriamo non ci sia tempo e spazio, vorrebbe dire che tutto è andato per il meglio.


Il testo del comunicato stampa:
Scuola Superiore del restauro a Matera : un’occasione da non perdere



Come molti sanno Matera è stata candidata per ospitare una sede distaccata dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ex Istituto Centrale per il Restauro) un’Istituzione pubblica, un organo tecnico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali specializzato nel campo del restauro e della conservazione del patrimonio culturale. L’Istituto è stato fondato nel 1939, su progetto di Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi per rispondere all’esigenza di impostare l’attività di restauro su basi scientifiche e di unificare le metodologie di intervento sulle opere d’arte e i reperti archeologici.

Oggi ci sono in Italia solo tre “ poli di eccellenza per il restauro” :l’ISCR di Roma, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la Venaria Reale di Torino ; tre centri di eccellenza riconosciuti a livello nazionale e internazionale per la formazione professionale della figura di “Restauratore”. Lo Stato Italiano riconosce la qualifica di Restauratore ai soli diplomati uscenti da una di queste scuole-laboratorio e tale titolo è equipollente alla Laurea Magistrale. Scuole che emettono periodicamente bandi pubblici per l’ammissione di pochi allievi, bandi che vedono la partecipazione, ogni volta, di oltre un migliaio di candidature.

Matera può diventare il 4° polo italiano di eccellenza nel campo del restauro.

A proporre la città di Matera quale sede della Scuola dello ISCR è la Fondazione Zetema con un progetto che nasce dagli anni ’80, subito dopo il terribile terremoto che danneggia molti degli edifici costituenti i Sassi e mette a rischio di degrado le abbondanti opere d’arte presenti negli antichi rioni.
Dopo un lavoro lento e graduale d’intermediazione e progettazione, nel 2006 il Ministero decide di istituire i “Poli Nazionali del Restauro” ; Matera viene candidata e poi scelta.

La Regione Basilicata mette a disposizione i fondi per il recupero e la riqualificazione della sede individuata in zona Paip vicino all’attuale Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici, un edificio abbandonato da offrire all’ente Provincia di Matera che propone e ottiene la conduzione e gestione di tutto il progetto e della sede didattica che però va recuperata e adeguata, in cambio la Provincia riceve ovviamente tutte le risorse finanziarie necessarie.

Il 04/09/2007 si stipula il protocollo d'intesa tra Fondazione Zetema, Ministero dei Beni Culturali, ISCR, Regione Basilicata, Provincia di Matera e Comune di Matera, che prevede la costituzione del 4° “Polo Nazionale del Restauro” a Matera. Dopo il benestare del Ministero dei Beni Culturali e della Direzione ISCR da questo momento il lavoro passa ai soggetti locali interessati ed inizia un calvario burocratico amministrativo condito di liti e controversie, una situazione paradossale, che vede come nemici della Città proprio le forze istituzionali più vicine ad essa.

Il 16/11/2007 le sei istituzioni partner si riuniscono nuovamente per redigere e stipulare la convenzione, dopo di che la stessa passa agli enti interessati per l'approvazione. La convenzione viene così approvata da tutti in tempi brevissimi tranne che dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione.
Occorrono solo le firme, ma la Fondazione Zetema è costretta ad una dura pressione a livello locale per sollecitare una collaborazione rapida e sinergica da parte delle Istituzioni locali, il rischio è la caduta di Governo e il conseguente annullamento di tutto il progetto.
Finalmente si arriva ad avere tutte le firme in data 11/3/2008.

Dopo pochi giorni il 20/3/2008 l’allora Ministro Rutelli, a pochi giorni dalla conclusione del suo mandato, firma il decreto per l'istituzione della sede distaccata a Matera ISCR.
La convenzione recita all'art. 7 che i locali sede delle attività formative devono essere consegnati entro un anno, quindi entro il 9/3/2009, riqualificati e agibili pena la decadenza de progetto.
Ma ad oggi la Provincia di Matera, responsabile operativa di questa fase, non solo non ha ultimato l’adeguamento strutturale dei locali ma non ha nemmeno cominciato i lavori (sic!).

Mancando questo presupposto non si sono posti in essere nemmeno i bandi per la selezione dei formatori e degli allievi.
Un incresciosa situazione di lassismo burocratico, una superficialità e inadeguatezza professionale, hanno impedito di procedere alla fase forse più semplice di un progetto così ambizioso che già vede la collaborazione attiva del Ministero e dell’ISCR di Roma, la copertura finanziaria della Regione Basilicata per la fase di start-up e la gestione scolastica ordinaria.

La stessa Direttrice ISCR, la dr.ssa Bon Valsassina, è venuta a Matera in più occasioni per sollecitare i lavori e mettere a disposizione della Provincia tutto il Know How dell’ISCR e la consulenza architettonica didattica per la ristrutturazione dei locali, che invece rimangono abbandonati e privi di alcun intervento.

Il 04/10/2008 finalmente si celebra a Matera la presentazione ufficiale del progetto e la provincia annuncia l’avvio dei lavori per l’11 settembre.

Ed invece ad oggi ancora la Provincia non ha fatto niente!

Se non si procede nel più breve tempo possibile all’adeguamento strutturale dei locali, entro i tempi prefissati, la città di Matera potrebbe perdere, questa volta in modo irreversibile, un’opportunità davvero unica. Creare un polo di formazione di questo livello conferirebbe alla città un ruolo di primo piano nel settore della Conservazione e Restauro a livello nazionale e internazionale, come già avviene nelle città in cui esistono le sedi statali distaccate, divenute un crocevia di idee, dibattiti e progetti per la conservazione e la tutela. A rischio è anche un’opportunità di sviluppo sostenibile e culturale per la città, dato che Matera si presta in modo “naturale” ad essere una sede per una scuola di restauro di eccellenza, considerando la propria conformazione di “paesaggio culturale”, il processo di ricostruzione dopo il terremoto dell’80 e quello ancora in atto per il restauro di tutti i Sassi.


Ancora una volta la Città di Matera rischia di perdere un’occasione “ unica” di sviluppo culturale ed economico per la miopia ed il lassismo di alcuni politici, amministratori e funzionari locali che di tutto sembrano preoccuparsi fuorché dell’interesse vero della Città.

Il Presidente della Giunta Regionale ha sostenuto con forza, politicamente e finanziariamente, il progetto ma l’Assessore Regionale alla Cultura perché non è intervenuto?



Ed il Sindaco di Matera, la persona dalla quale ci aspettiamo più direttamente la valorizzazione di Matera, la persona che ha avocato a sé le funzioni di Assessore alla Cultura e che per ruolo istituzionale fa parte del Consiglio di Amministrazione e del comitato esecutivo di Zetema quali azioni ha messo in campo per difendere il progetto?

Ed il Presidente della Giunta Provinciale, l’Assessore alla Cultura della provincia perché non sono intervenuti?

E come giudicare lo staff tecnico della Provincia che prima annuncia l’inizio dei lavori per l’11 /09/08 ed ora, conti alla mano, dice di avere bisogno di oltre un anno per avviare il cantiere?

Sottolineiamo, che solo da pochi giorni e casualmente, siamo venuti a conoscenza di questo problema e con profondo rammarico ci chiediamo perché la Fondazione Zetema non abbia informato e coinvolto la Città sulle difficoltà che il progetto da mesi stava incontrando.



Le Associazioni Città Plurale, Rinascita Civile e Sassikult, insieme a tanti altri cittadini, preso atto della incresciosa ed assurda vicenda, chiedono al Presidente della Giunta Regionale, a tutti i sottoscrittori della Convenzione ed a tutti i politici lucani di risolvere positivamente la vicenda e di informare puntualmente la Città sulle azioni che verranno intraprese.